Alcuni confidi "non 106" hanno gestito con successo la funzione di “sportello” di erogazione di fondi pubblici. Come evitare che l'esperienza maturata vada dispersa?
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Dopo aver affrontato il tema dei controlli interni, vale la pena di tornare ancora sul tema dei confidi minori, per alcuni aspetti operativi e di tutela della platea delle imprese assistite; in particolare, sulla gestione di alcune misure che le strutture “non 106”, ormai immesse nel “recinto” dei soggetti 112, hanno di recente egregiamente gestito e che hanno trovato più che positivo riscontro nelle esigenze delle piccole e piccolissime imprese.
Uno dei temi sul tavolo, pertanto, è quello della gestione di alcune misure particolari, operata dai Confidi di maggiori dimensioni all’interno del comparto 112; non si tratta quindi della gestione dei fondi terzi, sempre possibile a favore delle imprese socie qualora accompagnata dal rilascio di garanzia a favore delle stesse, ma piuttosto di attività svolte al di fuori di tale ambito con modalità tuttavia molto simili in termini di istruttoria; peraltro, nella maggior parte dei casi, a favore di soggetti interni alla compagine sociale.
Premessa è che, in base alla nuova impostazione normativa e regolamentare, i Confidi 112, oltre all’attività tipica di rilascio della garanzia, possono erogare solo servizi ad essa “connessi” (vale a dire consulenza in materia di finanza d’impresa limitatamente ai propri soci e nell’ambito del rilascio della garanzia) e “strumentali”, quindi: acquisto di immobili funzionali all’esercizio dell’attività principale; assunzione di partecipazioni esclusivamente in altri confidi o banche di garanzia collettiva fidi o altri intermediari finanziari che rilasciano garanzie).