Senza un accordo sul quadro finanziario pluriennale, afferma von der Leyen in plenaria, “non saremo in grado di avviare il lavoro sulle nuove priorità UE”, come il Green Deal. “Non accetterò nessun negoziato che non garantisca che almeno il 25% del bilancio venga stanziato per lottare contro il cambiamento climatico”.
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Il tempo corre e i negoziati per il bilancio europeo 2021-2027 sono giunti in una fase decisiva, per questo il presidente del Consiglio UE Charles Michel ha convocato un vertice straordinario dedicato al bilancio pluriennale per il 20 febbraio. In vista dell’incontro, la plenaria del Parlamento europeo ha riunito la presidente della Commissione europeo Ursula von der Leyen, il commissario per il bilancio Johannes Hahn e i rappresentanti della presidenza croata per concordare su un quadro finanziario solido e ambizioso.
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Le posizioni di partenza sul bilancio UE 2021-2027
Mentre l’Esecutivo ha chiesto ai Governi un contributo con l’1,11% del Reddito nazionale lordo (RNL), il Consiglio ha rilanciato con la proposta dell’1,06% avanzata dalla presidenza finlandese.
Proposta mal digerita da Commissione e Parlamento, e che richiede un accordo all’unanimità tra i rappresentanti dei Paesi UE.
E c’è da convincere non uno, ma un intero blocco di Paesi - Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi - contrari a un bilancio pluriennale con maggiori risorse a disposizione.
Ursula von der Leyen: i negoziati non saranno semplici
La Commissione presieduta da Ursula von der Leyen si è data obiettivi politici ambiziosi - come l’azzeramento delle emissioni di Co2 al 2050, il Green Deal, la svolta digitale europea, il rafforzamento della posizione dei cittadini UE.
“Il tempo però corre. Se il quadro finanziario pluriennale non verrà approvato, l’anno prossimo non saremo in grado di avviare il lavoro sulle nuove priorità UE”, dichiara von der Leyen in plenaria.
“Non accetterò nessun negoziato che non garantisca che almeno il 25% del bilancio venga stanziato per lottare contro il cambiamento climatico. E mi aspetto un bilancio che stanzi nuovi finanziamenti per il Just Transition Fund”, aggiunge.
“I negoziati non saranno semplici: l’Unione europea è a 27, abbiamo meno risorse, 75 miliardi di euro in meno per i sette anni. Però abbiamo più sfide che non possono essere risolte dai singoli Paesi membri. Giungere ad un accordo sarà quindi una grandissima sfida, ma i cittadini non capiranno un fallimento dei politici europei”.
Parlamento europeo: non possiamo fare di più con meno
La posizione negoziale di Strasburgo è al rialzo, e nel corso del dibattito gli eurodeputati hanno ribadito la bontà della proposta avanzata dai negoziatori del Parlamento. La presidente della Commissione UE, al contempo, ha invitato il Consiglio a tenere seriamente in considerazione la posizione del Parlamento, che dovrà poi approvare il negoziato sul QFP.
“Quando parliamo di denaro parliamo del futuro dell’Europa”, sottolinea il presidente del PPE Manfred Weber, “Dobbiamo essere critici con noi stessi per il denaro che non è stato speso bene. Ma non dobbiamo risparmiare sul futuro. Spero che in Consiglio non ci si limiti a una discussione sull’1%, dobbiamo discutere sui contenuti”.
Ancor più netta la posizione di S&D, espressa dalla capogruppo Iratxe García Pérez: “Non serve a nulla prefissarsi obiettivi da qui al 2050 se ci leghiamo le mani per i prossimi 7 anni”, afferma riferendosi all’obiettivo espresso dalla Commissione europea nel Green Deal per azzerare le emissioni UE nei prossimi decenni.
“Adesso occorre porre sul tavolo le risorse necessarie: la proposta del PE è molto ragionevole: 1,3% del prodotto nazionale lordo più risorse aggiuntive per nuove politiche. Non possiamo fare di più con meno”.
Altrettanto tranchant la posizione di Dacian Cioloș, capogruppo di Renew Europe: “Abbiamo bisogno di risorse per far fronte alle sfide attuali e future: quindi non possiamo essere d’accordo con le belle ambizioni e parallelamente limitare le nostre capacità per raggiungerle, è in gioco la credibilità dell’UE”.
E per quanto riguarda la parte entrate del bilancio UE “dev’essere rivista per essere in linea con i trattati: l’ultima riforma su questo tema risale al 1988, è arrivato il momento di ammordernare questo bilancio”.