Finanziamenti, qualità dei progetti e coinvolgimento privati: cosa serve per la cooperazione UE-Africa

|Novità|19 febbraio 2024

Cooperazione UE - Africa: investimenti e flussi migratoriLe iniziative europee e nazionali in materia di cooperazione UE-Africa, dal Global Gateway al Piano Mattei, hanno in comune la consapevolezza che bisogna uscire da narrative paternalistiche e dirigiste, quando non predatorie, e costruire partenariati paritari con i paesi africani che mettano insieme risorse finanziarie e competenze pubbliche e private per realizzare investimenti meno frammentati, di maggiore qualità e che aumentino crescita e resilienza nel lungo termine.

Summit Italia-Africa: il Governo presenta il Piano Mattei

Una convergenza di visione, quella tra le iniziative condotte negli ultimi anni dalla Commissione von der Leyen e il Piano Mattei del Governo italiano, che è stata messa in luce in occasione della conferenza “La cooperazione UE-Africa: investimenti e flussi migratori”, organizzata il 16 febbraio dalle istituzioni europee in Italia con la collaborazione di Fasi.eu.

Il Global Gateway, inaugurato proprio con il pacchetto di investimenti da 150 miliardi Africa-Europa trasla infatti l'esperienza di collaborazione tra risorse pubbliche e capitali privati sperimentata con il Piano Juncker nel campo della cooperazione allo sviluppo, per favorire un'azione più coerente a livello UE e degli Stati membri. L'Italia, da parte sua, con il Vertice di fine gennaio e il Piano Mattei ha indicato di voler promuovere in Africa programmi strategici di ampio respiro, costruiti sulla base di partenership tra uguali, con il coinvolgimento di vari attori pubblici e privati, per realizzare investimenti che possano favorire la crescita e la stabilità del continente, contribuendo anche ad affrontare le cause profonde della pressione migratoria.

Alla base, ha spiegato il capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Antonio Parenti, aprendo i lavori della mattinata, c'è “la presa di coscienza di una narrativa sbagliata sull'Africa che ha portato finora a scelte di corto periodo”, ma anche la consapevolezza - messa in evidenza dal responsabile relazioni istituzionali dell'Ufficio del Parlamento Europeo in Italia, Fabrizio Spada - che l'azione UE per la cooperazione, seppur importante a livello finanziario, “rischia di non avere effetti geopolitici importanti se l'azione estera resta frammentata a livello UE”.

Cirielli, più azioni bilaterali per la cooperazione tra Italia e paesi africani

Il modo di declinare questa maggiore collaborazione tra UE e paesi membri differisce naturalmente nelle opinioni dei diversi relatori intervenuti alla conferenza.

Per il viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Edmondo Cirielli, la nuova linea di azione voluta dal Governo con il Piano Mattei è coerente con le iniziative europee, ma allo stesso tempo l'Italia deve puntare maggiormente sulla dimensione bilaterale con i singoli paesi africani, accompagnando direttamente i governi che chiedono supporto in specifici ambiti e che devono poi poter scegliere in autonomia i percorsi di sviluppo.

Il contenuto concreto del Piano Mattei passerà quindi anche da specifiche richieste di singoli paesi paesi africani, rispetto alle quali l'Italia metterà a disposizione gli strumenti e gli attori più idonei all'interno di un quadro di cooperazione che vede coinvolti Ministeri, strutture finanziarie, partecipate pubbliche, imprese private, operatori bancari e università. Gli strumenti comprendono il Fondo Clima, un nuovo strumento ad hoc per l'Africa, un pacchetto di misure speciali con il coinvolgimento di Sace, Simest e ICE, compresi contributi a fondo perduto per l'internazionalizzazione delle aziende italiane in Africa e per la formazione dei lavoratori africani.

Di diverso avviso, la vicepresidente della Commissione Sviluppo (DEVE) del Parlamento europeo, Mercedes Bresso, secondo cui l'UE deve essere presente in Africa come un'unità, sfruttando il Global Gateway e il modello di governance Team Europe. “Il paradosso di essere i più grandi donatori e non essere visibili sulla scena mondiale va superato”, ha dichiarato Bresso.

Interventi di qualità e strutturali per la crescita di lungo termine

La frammentazione degli interventi è, tuttavia, solo uno degli elementi di debolezza indicati nel corso della conferenza. Per Claudia Sorlini, vicepresidente della Fondazione Cariplo, che è impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo in diversi paesi africani, è fondamentale migliorare la qualità dei progetti, dedicando più spazio alle attività di valutazione ex post per misurare l'efficacia degli interventi.

Serve poi un approccio più strutturale, per evitare iniziative spot ed accrescere la capacità di innovare e il livello di competenze locali, ha evidenziato Alessandro Coppola, direttore della Direzione trasferimento tecnologico e innovazione di ENEA, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, che attraverso una task force trasversale ai dipartimenti è attiva in Africa con decine di progetti di trasferimento tecnologico in settori diversi, dall'economia circolare all'utilizzo dell'acqua, fino all'energia nucleare e alle rinnovabili.

Tutti obiettivi che la Commissione uscente si è proposta, ha spiegato Arianna Vannini, chief economist della DG International Partnership dell'Esecutivo UE, nel momento in cui, con il Global Gateway, si è cercato di dare risposte al crescente funding gap verso l'Africa, offrendo un'agenda positiva che cerca di mettere insieme gli interessi strategici europei, anzitutto in ambito green e digital, con quelli dei paesi terzi, e usa le risorse pubbliche per fare attività di de-risking degli investimenti privati. A supporto dei capitali c'è poi l'approccio Team Europe, un sistema di governance a geometria variabile che punta a coordinare gli interventi degli Stati membri e dell'UE, permettendo ai singoli paesi di assumere la leadership in paesi e ambiti specifici.

L'idea di usare la politica di cooperazione allo sviluppo in maniera più strategica e geopolitica, ha precisato però Matteo Villa, senior research fellow dell'ISPI e co-head del Data Lab “Europa e Governance globale, geoconomia e migrazioni”, deve misurarsi con valutazioni concrete sulla realtà e sulle evoluzioni del continente africano. Occorre considerare quali sono le reali possibilità di incidere in Africa attraverso risorse pubbliche che “rappresentano una goccia in un mare che si sta ingrandendo”, perché il continente cresce non solo a livello demografico, ma anche a livello economico.

Per approfondire: La strategia UE del Global Gateway

Più spazio a capitali e competenze degli operatori privati

Allo stesso tempo, ha evidenziato Antonella Baldino, responsabile Promozione Business e Gestione Operazioni Cooperazione Internazionale allo Sviluppo di CDP, va registrato come il Global Gateway per la prima volta riconosca l'importanza non solo di attirare le risorse del privato, ma anche di valorizzare le competenze manageriali dei campioni italiani per il successo dei progetti. Nel caso di CDP, ultima arrivata tra le istituzioni finanziarie della cooperazione allo sviluppo in Europa, nonostante sia uno degli istituti nazionali di promozione più antichi, il meccanismo degli implementing partner, già sperimentato con il Piano Juncker, funziona e sono allo studio anche nuove iniziative, come la Global green bond initiative per promuovere lo sviluppo del mercato finanziario in ottica di finanza verde e sostenibile.

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Sicuramente, ha detto Baldino, occorre uno sforzo in più per aumentare la conoscenza di questi strumenti da parte del settore privato. Ma laddove i progetti sono di qualità, i finanziamenti ci sono. Basti pensare al progetto Elmed per l'interconnessione elettrica tra Tunisia e Sicilia, illustrato da Giacomo Donnini, direttore Grandi Progetti e Sviluppo Internazionale di Terna, che lo ha sviluppato con STG. Un progetto basato su una tecnologia innovativa per supportare la necessità di maggiore scambio di energia tra i diversi paesi, che vale circa 850 milioni, è stato cofinanziato dall'UE attraverso il Connecting Europe Facility (CEF), ma anche dalla Banca Mondiale, che ha garantito la Tunisia per parte dei costi, e dalla BEI, la Banca europea per gli investimenti.

L'energia, d'altra parte, è uno dei temi logici di sviluppo del continente, e quindi del Piano Mattei, ha sottolineato Lapo Pistelli, direttore Public Affairs di Eni, ricordando che il tema riguarda sia l'accesso all'energia che la trasformazione energetica, quindi le tecnologie di transizione. Fondamentale, ora, ha sottolineato Pistelli, è che il Piano Mattei non sia una bolla, ma un piano strutturato con continuità. Non deve preoccuparci che ci sia voluto un anno per la cabina di regia, ha detto, ma che sia poi una scatola solida e capace di lavorare per molto tempo, indipendentemente dalle maggioranze politiche.

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