In vigore la legge di conversione del decreto Milleproroghe 2023

|Approfondimenti|22 dicembre 2022

Foto di Towfiqu barbhuiyaDopo l'ok definitivo della Camera la scorsa settimana, la legge n. 14-2023, conversione del dl Milleproroghe, cioè il decreto n. 198-2022 recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale.

Cosa prevede la Manovra 2023?

Oltre a una serie di disposizioni di interesse per la PA, la legge n. 14-2023 di conversione del Milleproroghe 2023 (DL 198-2022) contiene anche diverse misure di interesse per le imprese. Ecco quali.

Milleproroghe 2023: le misure per le imprese

Il grosso del provvedimento riguarda la proroga di termini in materia di pubbliche amministrazioni, ad esempio per le autorizzazioni alle assunzioni di nuovo personale a tempo indeterminato in diverse PA (Corpi di polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Ministeri, ecc) e per le convenzioni sottoscritte annualmente dal Ministero del Lavoro con le regioni per l'utilizzo di lavoratori socialmente utili (LSU). Sono diverse, però, anche le misure di interesse per le imprese previste dal Milleproroghe 2023.

Anzitutto, a seguito dell'estensione del Temporary framework collegato alla crisi ucraina fino al 31 dicembre 2023, il testo proroga a tutto l'anno in corso le misure del Fondo 394/81 in favore delle imprese che esportano o hanno filiali o partecipate in Ucraina, nella Federazione russa o in Bielorussia e la possibilità di accedere a cofinanziamenti a fondo perduto, in favore di imprese esportatrici, al fine di far fronte agli impatti negativi sulle esportazioni.

Oltre alla proroga fino al 31 dicembre 2023, l’emendamento approvato in sede referente stabilisce che il cofinanziamento a fondo perduto fino al 40% dell’importo del finanziamento richiesto per operazioni di patrimonializzazione è riconosciuto alle domande presentate dalle imprese il cui fatturato medio derivante da esportazioni dirette verso l'Ucraina, la Russia e la Bielorussia, secondo gli ultimi tre bilanci depositati, sia pari almeno al 10%, e non più almeno al 20%, del fatturato estero complessivo aziendale.

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