La guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno accelerato il dibattito sulla sicurezza energetica. Tema che richiede un pensiero strategico e una stretta collaborazione tra istituzioni e imprese, che Bruxelles ha già avviato. Anche perché transizione energetica e decarbonizzazione hanno un costo e perché la sicurezza energetica si realizzi serve un approccio solidale e grande attenzione su alcune tematiche chiave.
Di questi temi si è parlato il 3 febbraio nel corso dell'evento “La sfida europea per l'Unione Energetica”, l'evento organizzato dall'ufficio italiano del Parlamento europeo in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e FASI.eu: un confronto tra rappresentanti delle istituzioni europee, nazionali e le associazioni di categoria, finalizzato anche a comprendere come realizzare la sicurezza energetica e una piena Unione dell'energia al servizio del duplice obiettivo della sovranità energetica e della neutralità climatica.
Il percorso verso una vera Unione dell'energia
Intervenendo con un video messaggio il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, traccia un quadro chiaro della situazione in cui si trovano l'Italia e l'Unione Europea: “L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha cambiato completamente lo scenario. La nuova geopolitica dell'energia obbliga l'Italia e l'Europa ad accelerare transizione ecologica e aumentare la sicurezza energetica”.
“L'Italia è impegnata in un importante percorso di decarbonizzazione in linea con target europei al 2030 e con l'obiettivo di raggiungere neutralità climatica al 2050”, prosegue il ministro. “Siamo all'avanguardia in Europa nello sviluppo di tecnologie di nuova generazione rivolte all'energia rinnovabile e in linea con l'obiettivo di Fit for 55”.
E prosegue: “Dobbiamo investire ulteriormente per aumentare la competitività del paese nelle nuove tecnologie pulite. In questo scenario un ruolo fondamentale sarà svolto dal PNRR. Nel 2022 abbiamo toccato con mano la fragilità di questo sistema a causa delle turbolenze internazionali. Serve intervenire promuovendo la contrattazione a lungo termine, lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili e dare segnali di prezzo stabili per produttori e consumatori”.
Il tema della sicurezza energetica non è sicuramente nuovo in Europa. A renderlo un tema di stretta attualità sono stati lo scoppio della crisi energetica che ha fatto schizzare alle stelle i prezzi di gas e luce e l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.
“Probabilmente l'Europa in passato si è troppo affidata alle forniture a basso costo del gas russo pensando che questo potesse durare all'infinito e non presentasse questioni di carattere geopolitico”, sottolinea Fabrizio Spada, Responsabile relazioni istituzionali dell'Ufficio del Parlamento Europeo, in apertura dell'incontro. “Purtroppo questo problema è venuto alla ribalta e sta provocando grandi problemi, tra cui uno shock inflazionistico nelle nostre economie”.
Ma, come sottolinea Armando Melone, Consigliere politico Rappresentanza in Italia della Commissione europea, “gli avvenimenti dell'ultimo anno hanno solo accelerato un processo in corso”. Del resto, “il tema della sicurezza energetica richiede un pensiero strategico su cui si stava già riflettendo” a Bruxelles.
Nel frattempo, per affrontare la crisi energetica la Commissione si è mossa lavorando su più piani: in primis, “la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili russi”, operazione riuscita ancor prima di quanto si pensasse. Ma sganciarsi dal gas russo non basta certo a risolvere la questione della sicurezza energetica. “Nel medio-lungo periodo”, prosegue Melone, “il Green Deal continua a marciare in maniera spedita”, affiancato nel frattempo dal pacchetto REPowerEU e dalla new entry, il Green Deal Industrial Plan presentato il 1° febbraio.
Un pacchetto di proposte, quest'ultimo, che secondo Patrizia Toia, Vicepresidente della Commissione ITRE del Parlamento europeo, è un compendio imprescindibile al ricco mosaico di misure energetiche e climatiche adottate dall'Unione Europea negli ultimi anni.
Una misura, per dirla con le parole dell'eurodeputata, che “completa il pacchetto, perché senza una politica industriale coerente con gli obiettivi del Green Deal non si raggiungeranno gli obiettivi che ci si è dati”.
Ma non per questo l'UE deve considerarsi soddisfatta. Anzi, il lavoro continua. “Se vogliamo fare una vera e profonda politica energetica europea, che possa garantire approvvigionamenti sicuri e ridurre gli effetti sull'ambiente, questa politica deve avere due caratteristiche: dev'essere comune e solidale”, sottolinea Toia.
Di diverso avviso l'europarlamentare leghista Matteo Adinolfi, che pur apprezzando gli sforzi europei verso la decarbonizzazione giudica gli obiettivi UE “un po' troppo ambiziosi”, soprattutto alla luce della crisi energetica e dell'aumento dei prezzi delle materie prime. “La decarbonizzazione va bene, ma forse in Italia e in Europa non siamo pronti e le scadenze sono troppo stringenti”. E conclude: “sarebbe bellissimo raggiungere l'autonomia energetica con le sole rinnovabili ma forse sarebbe meglio ragionare di mix energetico”.
Verso un nuovo mercato dell'energia elettrica
In questo contesto va inquadrata l'attesa riforma del mercato elettrico, avviata di fatto con il Consiglio europeo del 20 ottobre e su cui oggi è in corso una consultazione pubblica lanciata dalla Commissione europea.
Si tratta di una riforma molto attesa e volta a proteggere meglio i consumatori dall'eccessiva volatilità dei prezzi, sostenere il loro accesso a energia sicura da fonti pulite e rendere il mercato più resiliente. La consultazione, aperta fino al 13 febbraio, si concentra su quattro settori principali:
- ridurre la dipendenza delle bollette dell'energia elettrica dai prezzi a breve termine dei combustibili fossili e promuovere la diffusione delle energie rinnovabili;
- migliorare il funzionamento del mercato per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e utilizzare pienamente alternative come lo stoccaggio e la gestione della domanda;
- rafforzare la protezione e la responsabilizzazione dei consumatori;
- migliorare la trasparenza, la sorveglianza e l'integrità del mercato.
Il documento di consultazione, spiega Andrea Ripa di Meana, Amministratore Unico GSE nel corso dell'incontro, pone questioni legate ai nuovi livelli di volatilità del gas e agli effetti che tale volatilità produce sul mercato elettrico. Un punto da cui derivano le domande della prima parte del documento posto in consultazione che si focalizzano sulla ricerca di soluzioni per ridurre questa dipendenza e questo canale di trasmissione così forte e così negativo sui prezzi elettrici.
Alla sicurezza energetica serve un approccio solidale e attenzione alla neutralità tecnologica
Gli obiettivi europei in fatto di decarbonizzazione e transizione ambientale sono notoriamente sfidanti e ambiziosi. E devono necessariamente coniugarsi con le necessità dei soggetti direttamente coinvolti nella transizione green.
“Occorre coniugare il mantenimento della rotta verso gli obiettivi di decarbonizzazione, ovviamente imprescindibili e su cui occorre continuare a investire con convinzione, con lo scenario attuale da tenere presente”, dichiara Gilberto Dialuce, presidente di ENEA. E occorre uno sforzo di solidarietà.
“Un approccio basato su scelte più nazionali non paga, serve un approccio solidale”, sottolinea il numero uno di ENEA. Un approccio che servirà a rispondere ad “eventuali ulteriori piani di emergenza che potrebbero verificarsi”.
Ma c'è anche un'altra questione piuttosto spinosa da affrontare. “Obiettivi così sfidanti su rinnovabili e riduzione dei consumi richiederanno anche uno sforzo tecnologico” ed è “importante mantenere la competitività del sistema” avendo un occhio puntato sui prezzi.
ENEA è uno degli attori chiamato a facilitare questo percorso, avendo una forte vocazione per il trasferimento tecnologico. Si tratta quindi di “cercare di facilitare il trasferimento di nuove tecnologie in cui si sta investendo moltissimo, in Europa come in Italia, per consentire in alcuni settori, come quelli hard-to-abate, di fare un passo avanti verso la decarbonizzazione”.
Ma non sono solo i settori che più consumano energia e non immediatamente elettrificabili gli unici su cui lavorare.
“Sulla mobilità sostenibile occorrerà sviluppare un approccio più di neutralità tecnologica: in questo settore l'elettrificazione di tutti i consumi non è forse la strada ottimale e bisogna avere un approccio di integrazione di sistemi diversi”, sottolinea Dialuce.
Lo stesso si dica dell'economia circolare, che “può avere importanti riflessi nello sviluppo industriale e la sua competitività, in particolare con il recupero di materie prime e materie prime critiche”.
“Con la progressione verso la decarbonizzazione rischiamo di sostituire la dipendenza da alcuni fornitori più o meno scomodi di energie fossili a fornitori di materie prime critiche che potrebbero porre problemi geopolitici, dato che le rinnovabili si reggono su queste materie prime. Applicare in Europa una politica molto stringente sul recupero e il riciclo delle materie prime e la simbiosi industriale dei distretti può essere molto importante e gli enti di ricerca possono fare moltissimo per sviluppare le tecnologie abilitanti per consentire questo trasferimento alle imprese”, conclude Dialuce.
Il paradosso europeo: per abbandonare il gas russo l’UE rischia di dipendere dalla Cina
Le imprese chiedono coerenza e lucidità
Nel dibattito con le istituzioni europee la richiesta avanzata dalle imprese è chiara: serve un approccio chiaro e non ideologico alla transizione energetica.
Lapo Pistelli, Direttore Public Affairs di ENI fa un bilancio dei pro e contro delle politiche europee per la decarbonizzazione e del contesto globale in cui vanno inquadrate.
Pur nella loro negatività, il Covid prima e la guerra poi “hanno funzionato come una gigantesca wake up call sul sistema: ci siamo scoperti più poveri, più nudi, privi di un piano di sicurezza energetica, è stata una sveglia salutare”.
Una sveglia che ha spinto anche le diverse istituzioni europee a un “ingaggio con il mondo delle imprese molto più stringente: chiamati a fare scelte su tematiche ad alta tecnicità, i rappresentanti dell'industria, nessuno escluso, sono diventati dei positivi portatori di competenze”, sottolinea.
Ma restano alcuni aspetti che secondo Pistelli andrebbero rivisti. “La crisi ci ha spiegato che progettando la transizione in laboratorio, senza tenere conto dei vincoli esterni” come la guerra, la pandemia o la geopolitica, “si crea un problema”.
“Non si fa una strategia solo sulla carta e questo è un difetto che l'impianto europeo si portava dietro, ovvero essere concepito in vitro”.
Ma c'è anche un altro 'contro' evidenziato da Pistelli: “la maggioranza degli strumenti normativi che l'UE sta mettendo in piedi sono tutti sul lato offerta, non della domanda. Partendo da decisioni orientate sempre lato supply non è detto che il mercato segua, se non in condizioni di emergenza. La politica dell'idrogeno ne è un esempio emblematico: c'è stata un'attenzione sproporzionata sulla necessità di produrre idrogeno per poi scoprire che siamo privi di convertitori di questo vettore energetico per il nostro consumo finale. Non è ancora un frutto maturo”.
In generale, conclude il Direttore Public Affairs di ENI, la collaborazione tra politica e imprese può ancora migliorare.
Parola d'ordine: mix energetico
Un punto su cui convergono le richieste dei rappresentanti delle aziende nel corso dell'incontro è che la sicurezza energetica può essere affrontata solo con politiche di lungo periodo, coerenti e che non si concentrino su un'unica soluzione.
La Commissione europea dovrebbe avere la “lucidità di considerare la neutralità tecnologica come un valore, uno stimolo per le imprese a investire con progetti efficaci ed efficienti”, dichiara Giuseppe Ricci, Presidente Confindustria Energia.
Ovvero, “non esiste solo l'elettrificazione” ma ci sono anche altre tecnologie sufficientemente mature da utilizzare per favorire la transizione energetica.
“Il mix energetico è la soluzione, tutte le tecnologie devono essere utilizzate. Abbiamo a disposizione alternative per la mobilità come i biocarburanti, gli e-fuel saranno disponibili domani”.
Allargando più la prospettiva, “le fonti fossili sono necessarie alla transizione perché supportano lo sviluppo delle rinnovabili. Evitiamo di bandire le tecnologie ma chiediamo l'aiuto di tutti”, conclude Ricci.
Anche Filippo Girardi, Presidente Federazione ANIE, concorda sulla necessità di puntare su un mix energetico per riformare il mercato energetico. “Il sistema è pensato per una produzione energia elettrica da gas quindi organizzato in modo da far sì che il prezzo sia dipendente dalla materia prima gas. Abbiamo assistito nell'ultimo periodo a gas i cui prezzi sono schizzati alle stelle, di conseguenza anche quello energia elettrica. Eppure buona parte energia prodotta in Italia non è prodotta da gas ma da un mix energetico”.
Un nuovo mercato elettrico italiano non deve più avere il gas come colonna portante ma dovrebbe puntare su un “mix energetico in cui le rinnovabili possano giocare un ruolo fondamentale”. E per farle serve meno burocrazia.
“Ma ciò presuppone che il Governo voglia semplificare le procedure autorizzative. Se davvero vogliamo che le rinnovabili si sviluppino per generare energia elettrica dobbiamo far sì che le autorizzazioni vengano concesse in tempi congrui. A livello UE si immagina un permitting entro dei mesi, ANIE rinnovabili ha calcolato che a fine 2022 su un migliaia di progetti depositati al ministero solo una cinquantina ha concluso l'iter autorizzativo. Nel 2022 sono stati fatti alcuni passi in avanti ma è fondamentale che non abbassiamo la guardia”.
“La sostenibilità è fatta da obiettivi ambientali fondamentale ma dev'essere sostenuta da una sostenibilità economica e sociale”, sottolinea Claudio Spinaci, Presidente Unem – Unione Energie per la Mobilità. Sostenibilità economica e sociale che significa “energia a un costo sopportabile per la popolazione e per l'industria”.
“Abbiamo molto focalizzato l'attenzione dei programmi sulla transizione energetica trascurando la sicurezza energetica e ciò si sta ripetendo nel settore trasporti: sicurezza energetica significa piani chiari, ambiziosi ma realizzabili, di lungo termine, ma anche diversificazione tecnologica e delle fonti. Nella mobilità si sta puntando su un'unica tecnologia pur avendo alternative valide che, in sinergia, potrebbero risolvere il problema della transizione energetica, dalle biomasse ai carburanti sintetici. Ma questo percorso può essere fatto solo con una prospettiva a medio-lungo termine”, conclude.
Foto di Samuel Faber da Pixabay