In arrivo il decreto chiave della cura dell’acqua di Graziano Delrio. Tra gli obiettivi, rendere più efficace la catena dei finanziamenti
Una ristrutturazione massiccia del sistema portuale italiano, che cambia anche la catena di gare e finanziamenti. E’ questo lo spirito della riforma che andrà in Consiglio dei Ministri domani: creare un sistema di “hub”, distretti che accorperanno le strutture attualmente esistenti. In questo modo, oltre a ridurre il numero di consiglieri di amministrazioni, si punta a dare un coordinamento maggiore ai porti italiani, con consultazioni in fase di definizione dei piani infrastrutturali e di spesa delle risorse. Senza dimenticare la questione procedurale: per rispondere alle esigenze delle imprese, è in arrivo lo sportello unico che si occuperà di tutte le autorizzazioni e i procedimenti, a partire da quelli doganali.
La cura dell'acqua
La riforma è il perno di quella che il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio chiama da mesi “la cura dell’acqua”. Il sistema attuale è troppo frammentato e, attraverso una concorrenza interna eccessiva, ha prodotto uno sviluppo scarso per molti porti italiani. Si parte, allora, dalla riduzione delle autorità portuali, fino a 15 dalle attuali 24: avranno il compito di dettare la strategia per i 50 porti italiani, dando linee guida e coordinandosi al loro interno.
I 15 hub
Quindi, sopravvivono i porti collocati da Bruxelles nella rete europea delle infrastrutture strategiche. L’elenco comprende tutte le strutture maggiori del paese: Gioia Tauro, Taranto, Napoli, Civitavecchia, Piombino, Genova, Ancora, Venezia, Trieste. Gli accorpamenti metteranno insieme all’interno degli hub i porti vicini, per ridurre la frammentazione: ad esempio in Campania Salerno e Napoli saranno accorpate, in Toscana avranno lo stesso destino Livorno e Piombino, mentre in Sicilia toccherà a Palermo e Trapani, in Liguria a Genova e Savona.
Anche se, su molte di queste fusioni, sarà battaglia fino all’ultimo con Regioni ed enti locali che, in molti casi, faranno resistenza. Casi come quello della Toscana o della Puglia, dove sono accorpati Bari, Taranto, Brindisi e Manfredonia, potrebbero essere oggetto di revisione in ogni momento. Senza contare che, per alcuni, il processo di accorpamento sarebbe dovuto andare ancora oltre, scendendo sotto le dieci autorità.
Semplificare procedure e finanziamenti
L’idea fondamentale, a valle di questo nuovo sistema, è sbloccare finanziamenti e pianificazioni dei porti, dal momento che queste nuove autorità avranno competenze molto estese per le strutture di cui sono responsabili. Potranno redigere i piani regolatori portuali, si occuperanno della pianificazione infrastrutturale e delle concessioni. In pratica, tutta la gestione della politica industriale dei porti sarà concentrata a un livello più alto, per assicurare una spesa più rapida delle risorse.
La governance
Un passaggio fondamentale viene dedicato alla governance e alle procedure. Al posto degli attuali Comitati (composti anche da 30 membri) ci saranno consigli di amministrazione di soli 4 o 5 componenti. Alla loro testa, sarà formato un Tavolo di partenariato della risorsa mare, che raggrupperà tutti gli stakeholder e avrà compiti di coordinamento. Sul fronte amministrativo, invece, ci sarà la creazione di uno sportello unico: avrà il compito di gestire in modo più semplice gli adempimenti in materia doganale e tutte le altre procedure a carico delle imprese.