Tlc, Roberto Viola spiega le ragioni del ritardo italiano

|Novità|10 luglio 2015

Roberto Viola, direttore generale DG Connect - Commissione EuropeaUna panoramica delle opportunità, ma anche sugli ostacoli per le imprese italiane che operano nel settore delle telecomunicazioni con Roberto Viola, direttore generale della DG Connect della Commissione europea, intervistato da FASI.biz.

 Gli ultimi dati dello Score board sono molto deludenti per l'Italia, che si colloca al 25esimo posto, nonostante i tanti sforzi "decantati". Riesce a individuarne le cause?

Ci vorrà qualche anno affinché l'Italia possa veramente risalire le classifiche nel digitale, ma il Governo italiano sta lavorando bene ed un certo miglioramento è già visibile. La causa del ritardo non è unica. Innanzitutto è necessario investire nella banda larga veloce, almeno 30 Mbps, che oggi è disponibile solo per poco più di un terzo delle famiglie, collocando l'Italia al penultimo posto in Europa. In secondo luogo, competenze digitali insufficienti frenano la domanda e l'uso effettivo dei servizi internet. Infine, la mancanza di investimenti nelle TIC da parte delle imprese, in tempi di crisi economica, significa minore crescita per le imprese stesse e uno sfruttamento limitato delle potenzialità del mercato Unico. Un peccato per un paese come l'Italia la cui economia si basa sulle esportazioni.

Il PON imprese e competitività 2014-2020 è stato di recente approvato dalla Commissione Europea e prevede risorse per la digitalizzazione specie nel Sud Italia; insieme alla risorse dei programmi operativi regionali - per il Sud ancora da approvare - si riuscirà ad migliorare la posizione italiana nei prossimi anni?

Il Programma Operativo Nazionale (PON) Imprese e Competitività ha un budget complessivo di circa 2,4 miliardi di euro (1,7 miliardi dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e 643 milioni di cofinanziamento nazionale) per interventi nelle Regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e in quelle in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna).

Questo PON prevede il supporto di circa 170 milioni euro (più il co-finanziamento nazionale) per la digitalizzazione delle imprese e l'accesso ad una infrastruttura a 100Mbps. Nell’ambito del programma, i principali risultati da raggiungere comprendono: un aumento significativo dell’attività cooperative delle imprese nel campo della ricerca e dell’innovazione, copertura della banda larga ultraveloce a 100 Mbps o più, e l’aumento dell’occupazione generata da nuove imprese.

La valutazione dei risultati della programmazione dei fondi strutturali in questo settennato è una novità rispetto al precedente periodo. Grazie al perfomance framework la Commissione potrà anche intervenire chiedeno misure correttive a ministeri e regioni durante l'attuazione dei programmi?

Il performance framework è uno degli strumenti per raggiungere i risultati della programmazione del 2014-2020. Esso include una tabella con un insieme di tappe e di obiettivi per ogni programma. Il raggiungimento delle tappe sarà oggetto di una valutazione intermedia, nel 2019, e finale, nel 2023, e costituirà la base per l'assegnazione della riserva finanziaria (da assegnare in base al raggiungimento di target prefissati, con criteri e meccanismi definiti nei programmi regionali o nazionali) o della sospensione dei pagamenti in caso del mancato raggiungimento dei risultati programmati.

Sul fronte della banda ultra larga, Il Governo Italiano ha programmato che Enel e Terna partecipino alla creazione di un'infrastruttura a partecipazione pubblica, che ruoterà intorno a Metroweb e sarà aperta a parità di condizioni a tutti gli operatori compresa Telecom. Come commenta questa scelta per il futuro digitale degli Italiani?

Lo Scoreboard del 2015 dell'Agenda Digitale Europea vede l'Italia penultima fra gli Stati dell'Unione Europea sia in quanto a uso (4% contro il 26% dell'UE28), che in quanto alla copertura della banda ultralarga (36% v EU28 68%), con le aree rurali completamente sprovviste di questo servizio.

Durante il Going Local di Roma, il 13 luglio, discuteremo con i principali protagonisti del settore il ruolo delle utilities nello sviluppo della larga banda. Sarà un dibattito interessante del quale non sono in grado di anticipare le conclusioni.

Non c'é comunque dubbio che, in una situazione di grave ritardo come quella italiana la cooperazione di tutti i soggetti, pubblici e privati, con le utilities ed altri enti locali potrebbe non solo facilitare il riuso di infrastrutture civili per ridurre i costi di investimento, ma anche cambiare la logica degli investimenti nelle infrastrutture fisiche (da una di corto a una di lungo periodo), con possibili ricadute positive sulla qualità dei servizi e sulla concorrenza. Ovviamente tutto si deve svolgere nell'assoluto rispetto delle regole europee.

Secondo lei l'Italia potrà trarre giovamento dai fondi europei erogati per progetti infrastrutturali nell'ambito del programma Connecting Europe Facility? Quali altri tipi di fondi abbiamo a disposizione?

Solo nella misura in cui l'Italia presenterà i suoi progetti alla Banca Europea degli Investimenti (BEI) con tempestività. A differenza dei Fondi Strutturali, infatti, il Connecting Europe Facility (CEF) non è caratterizzato da una ripartizione nazionale dei fondi. Nel caso della banda larga i fondi sono invece diretti ai progetti eleggibili dalla BEI in base alla data di approvazione del progetto (first come first served). Per i servizi digitali, i bandi di gara sono pubblicati periodicamente dall'agenzia INEA, similarmente a quanto accade per il programma Horizon 2020.

Un'altra importante opportunità è rappresentata dai fondi EFSI del cosiddetto Piano Juncker, che è già operativo. Le modalità di intervento sono simili a quelle del CEF per la banda larga, ma con dei criteri di eleggibilità molto più ampi (come specificato nell'articolo 9.2 del regolamento EFSI) che includono non solo la banda larga, ma anche le PMI e i grandi progetti industriali nell'ambito del digitale e dell'industria 4.0.

Se dovesse pensare a un paese europeo che l'Italia può prendere realisticamente come modello a quale farebbe riferimento?

In realtà non c'è un paese che faccia meglio degli altri in tutti gli ambiti del digitale. L'indice composito DESI mostra che la Danimarca è in media il paese numero uno in Europa, dove la connettività di qualità e' diffusa, i cittadini fanno uso di una varietà di servizi, i servizi pubblici vanno verso il "digital by default", le imprese investono in tecnologia.
I paesi nordici sono relativamente avanti nel digitale, anche la Svezia, nonostante le caratteristiche geografiche rendano lo sviluppo della banda larga più complesso che in altri paesi. Competenze digitali e fiducia nell'ecosistema sono la chiave di una società dell'informazione fiorente.