La crisi di Governo rischia di far traballare una serie di dossier chiave. Dal decreto Aiuti bis o decreto Luglio fino alla Manovra, su cui già aleggia lo spettro dell’esercizio provvisorio. Senza dimenticare il PNRR, le cui scadenze di fine anno potrebbero essere a rischio senza un Esecutivo che funzioni a pieno regime.
L'Italia ha davvero centrato tutti gli obiettivi PNRR di metà 2022?
Dopo aver incassato una fiducia risicata al Senato (con soli 95 voti favorevoli, il risultato più basso che il Governo ha ottenuto nel corso della legislatura) Draghi ha rassegnato le sue dimissioni al Presidente della Repubblica, che ha convocato i presidenti di Camera e Senato al Quirinale invocando l'art. 88 della Costituzione sullo scioglimento delle Camere.
Uno scenario, quello aperto dalla crisi di Governo, che mette a rischio una serie di provvedimenti fondamentali a livello economico, a partire dalla Manovra 2023.
Legge di bilancio 2023: si rischia l’esercizio provvisorio
Il primo fantasma che aleggia sulla crisi di Governo è l’ipotesi dell’esercizio provvisorio. In base a quanto previsto dall’articolo 81 della Costituzione, nel caso in cui il Parlamento non sia in grado di approvare la nuova manovra di bilancio entro fine anno è concesso più tempo, fino a un massimo di quattro mesi, durante i quali lo Stato ha però una capacità di spesa ridotta.
Ma la manovra 2023 non è l’unico importante dossier in bilico. Anche il PNRR rischia di essere investito dalla crisi del Governo Draghi.
PNRR a rischio?
Se per la legge di bilancio sappiamo bene quale scenario si apre - l’esercizio provvisorio, infatti, si è realizzato decine di volte in passato e tra il 1948 e il 1968 è stata la regola - diverso è il caso del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Alcuni passaggi decisivi previsti nei prossimi mesi potrebbero infatti traballare in assenza di un Governo stabile.
Il primo di questi passaggi riguarda il controllo che la Commissione europea svolge sugli obiettivi raggiunti entro la scadenza del 30 giugno. Check che permette o meno di sbloccare la seconda rata dei fondi PNRR, come spiegato in questo articolo. Il rischio è che l’Italia non sia più percepita a Bruxelles come un interlocutore affidabile. Il dialogo politico positivo con le istituzioni europee, Commissione in primis, è infatti una prerogativa indispensabile per mettere al riparo le risorse PNRR.
Ma il rischio cui va incontro il PNRR è assai più importante. La crisi di Governo potrebbe far rallentare gli ingranaggi della macchina amministrativa e mettere così in bilico gli obiettivi da centrare nella seconda metà del 2022: 55 tra milestones e target, ancor di più rispetto ai 45 previsti per il primo semestre. Non solo. In una prospettiva più di lungo periodo cresce la possibilità che fallisca l’intero Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Con il governo dimissionario diventa pressoché impossibile, infatti, approvare nei tempi previsti alcune delle riforme previste dal Recovery e ferme all'esame del Parlamento, a partire dal Ddl Concorrenza, che già nei mesi scorsi ha creato divisioni all’interno della maggioranza.
Dossier cui vanno aggiunti il decreto Fiscale e il Semplificazioni, i cui temi da sempre rappresentano oggetto di divisione tra partiti.
In caso di scioglimento delle Camere, infatti, i disegni di legge non approvati decadono e i lavori dovrebbero riprendere dall'inizio con la nuova legislatura.
In bilico anche gli aiuti a imprese e famiglie?
C’è poi un dossier che rischia nell'immediato, il cosiddetto decreto Luglio, che era atteso per fine mese.
Sul provvedimento, noto anche come decreto Aiuti bis, i tecnici del MEF hanno già iniziato a lavorare. Le dimissioni di Draghi dovrebbero costringere il provvedimento a una cura dimagrante: il decreto dovrebbe quindi prevedere solo una proroga degli sconti fiscali esistenti o da poco scaduti.
Non è chiaro, ad esempio, se il decreto Aiuti bis sarà in grado di innalzare le soglie di accesso al cosiddetto bonus sociale, quello cioè rivolto alle famiglie per pagare le bollette. La misura, infatti, potrebbe richiedere un'intesa ampia e molto difficile in questo momento.
Lato imprese, la crisi di Governo non dovrebbe impedire la proroga dei crediti d'imposta per le imprese energivore, gasivore e altre misure di sostegno alle PMI per far fronte ai rincari di luce e gas. Ma su un aspetto degli aiuti alle imprese lo stallo politico rischia di creare un impasse importante: entro fine luglio, infatti, l'Esecutivo avrebbe dovuto correggere la questione "de minimis" sui crediti d'imposta energia.
Il decreto Aiuti - lo stesso che ha innescato la crisi di Governo - ha previsto che i crediti d’imposta per l’acquisto da parte delle imprese non energivore di gas ed energia elettrica siano sottoposti alla normativa “de minimis”. Peccato che negli ultimi 3 anni il numero di imprese che ha ottenuto aiuti dallo Stato sia cresciuto notevolmente, prima per far fronte all'emergenza Covid, poi per via della guerra in Ucraina. Di conseguenza la norma introdotta nel decreto Aiuti potrebbe avere un effetto opposto a quello voluto dai tax credit: alcune imprese, particolarmente danneggiate dalla crisi e che avrebbero diritto a contributi che superano sensibilmente i 200 mila euro, potrebbero trovarsi ad ottenere un tax credit ridotto all'osso o nullo per l’acquisto di energia e gas.
Per saperne di più consulta il punto sugli aiuti alle imprese contro il caro energia