Crisi economica, nuovi volumi minimi per i soggetti vigilati e ricorso diretto al Fondo Centrale di Garanzia penalizzano il sistema dei confidi
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Al settembre 2016 i confidi attivi erano in tutto 334 - di cui 39 vigilati dalla Banca d'Italia (i cosiddetti ex articolo 106 del TUB) e 295 non soggetti alla vigilanza di Palazzo Koch - in calo rispetto alla precedente rilevazione a causa dell'effetto combinato della crisi economica e della spinta all'aggregazione per superare i nuovi volumi minimi di attività finanziaria imposti dalla normativa per ottenere lo status di vigilato e rafforzare la propria presenza sul mercato. E' questo il dato di partenza del rapporto 'I Confidi in Italia 2017', realizzato dall’Osservatorio permanente sui Confidi del Comitato Torino Finanza e presentato giovedì al Senato.
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I numeri del sistema dei confidi
I confidi vigilati sono distribuiti in modo pressoché equivalente tra le 4 macroregioni del Paese, con percentuali comprese tra il 21% del Mezzogiorno e il 26% del Nord-Ovest, anche se le regioni del Nord-Est mostrano un'incidenza lievemente superiore alle altre, dal momento che i 12 confidi residenti rappresentano il 31% dei soggetti vigilati totali.
La frammentazione del mercato riguarda soprattutto le regioni meridionali, in cui si registra il maggior numero di confidi 112 attivi, accogliendone nel complesso 145, la cui incidenza è prossima al 50% se comparata con il numero complessivo a livello nazionale. Puglia e Abruzzo sono le due regioni caratterizzate da una maggior presenza di soggetti non vigilati, rispettivamente il 12 e l’11%. La restante metà del campione risulta essere equamente suddivisa tra le marco aree del Centro e del Nord, con incidenze relative che vanno dal 16 al 18%.