Un settore come quello spaziale ad alto tasso di innovazione e dai rendimenti notevoli vede crescere l’interessa della finanza privata e il ruolo del venture capital. Ma è necessario un cambio di paradigma.
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È quanto emerso all’incontro “Verso la finanza spaziale: opportunità e prospettive della nuova economia dello spazio” realizzato da Febaf e in collaborazione con la Fondazione E. Amaldi dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
New Space Economy: un mercato da 380 miliardi, destinato a triplicare
I dati di approdo al mercato da parte delle startup in questo settore non si discostano da quelli generali e le potenzialità sono straordinarie. Dallo space mining, all’osservazione della Terra, la cosiddetta New Space Economy, ovvero l’utilizzo dell’enorme quantità di dati ottenibile dalle osservazioni spaziali, può vantare volumi di tutto rispetto. Già oggi il settore aerospaziale muove oltre 380 miliardi di dollari l'anno e secondo alcuni studi arriverà a triplicare il proprio valore nei prossimi venti anni.
Non solo, una ricerca ASI e Università di Roma Tre ci parla di un moltiplicatore 1:11 per cui ogni euro investito in attività spaziali determina un ritorno economico di 11 sul territorio.
Anche tralasciando per un momento i numeri, i risvolti in termini di business application del settore sono innumerevoli, e spaziano dalla cybersecurity all’agroalimentare, dalla previsione delle catastrofi naturali all’industria energetica.
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Servono fondi di venture capital dedicati
Il nostro Paese è la sesta potenza mondiale in termini di incidenza dell’industria aerospaziale sul PIL e parte da una posizione di vantaggio, potendo contare su una filiera dello spazio completa, un’Agenzia dedicata con attività di ricerca ed un Fondo all’avanguardia.
Quel che manca, sottolinea Lorenzo Scatena, Managing Director della Fondazione E. Amaldi, sono fondi di Corporate Venture Capital per la Space Economy. Quel che dev’essere messo in atto, sostanzialmente, è un importante cambiamento di paradigma per cambiare le cose.
L’economia spaziale ha “volumi molto interessanti”, nota Raul Ricozzi, partner Orrick, Herrington & Sutcliffe, e “si può replicare anche in Italia con il nostro indotto industriale e realizzare startup di successo nel settore”.
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Gli investitori, in Italia, possono fare affidamento sull’Agenzia spaziale italiana come interlocutore. “Le agenzie europee e nazionali”, nota Eleonora Lombardi, Technology Transfer Officer della stessa fondazione, “si stanno confrontando con un ambiente molto competitivo ed hanno avviato dei programmi che prevedono investimenti in PMI, startup e centri di ricerca”.
“Al tempo stesso a diversi livelli si è visto che questi percorsi devono essere agevolati da attività di finanza di rischio per questo molti Stati stanno iniziando a creare dei fondi di venture per permettere a questi processi industriali di avere delle exit”, conclude Lombardi.
Un discorso, quello delle exit, ripreso anche da Scatena: “La finanza tradizionale gioca un ruolo nella New Space Economy” proprio perché può offrire un supporto a queste exit, che “hanno bisogno di sostegno finanziario e dell’interesse degli investitori a cimentarsi con un mondo apparentemente ostico da digerire ma di grande interesse dal punto di vista delle metriche economico-finanziarie e dei rendimenti”.
L'importanza della finanza spaziale è crescente e troverà sviluppi in future iniziative della FeBAF, incluso il Rome Investment Forum 2019.