Proprieta’ intellettuale - per tutelarla servono incentivi strutturali

|Novità|06 giugno 2018

Idea ForumLa contraffazione causa perdite per 60 miliardi di euro l’anno in Europa, di cui 8,6 solo in Italia. Danno che si riflette anche sui posti di lavoro persi: oltre 430mila in Europa e più di 52mila solo in Italia. Cifre che dimostrano, in modo eloquente, quanto sia importante tutelare la proprietà intellettuale nell’era dell’informazione.

Proprieta' intellettuale - UE avvia causa all'OMC contro la Cina

Il 7,5% della produzione europea, e il 7,9% di quella italiana viene meno a causa delle violazioni della proprietà intellettuale. E’ quanto emerge dall’indagine condotta dall’Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale, condotta su 13 settori merceologici.

Percentuali rese più chiare dalle cifre riguardanti la ricchezza che va perduta per singolo cittadini: 142 euro procapite l’anno per ogni italiano e 116 a livello europeo.

Come arginare il fenomeno tutelando al contempo le idee e le invenzioni? E’ la domanda che è stata al centro dell’Invention, Disclosure, Evolution, Ability (IDEA Forum) che il 5 giugno ha riunito, presso la Camera di Commercio di Roma, esperti, politici, funzionari, imprenditori e giornalisti per un confronto sul tema.

“La contraffazione è un fenomeno che causa ingenti perdite a settori strategici dell’economia europea, ed italiana in particolare”, ha dichiarato in apertura del convegno Massimo Antonelli, Customs Expert EUIPO. Occorre “sensibilizzare le imprese e i cittadini sul problema della contraffazione digitale”.

Gli incentivi nazionali per l’innovazione

Nella quarta rivoluzione industriale, centrata su dati e tecnologie, la proprietà industriale ha un ruolo decisivo. A sottolinearlo Giulia Ponticelli, dirigente della divisione Affari giuridici dell’Ufficio italiano brevetti e marchi. “Gli investimenti nell’innovazione e i diritti di proprietà intellettuale ed industriale sono un asset fondamentale per la competitività delle imprese”.

Ponticelli ha quindi ricordato le misure adottate a livello nazionale per sostenere tali investimenti.

Dal bando per gli uffici di trasferimento tecnologico - che ha finanziato 3 milioni di euro di progetti per aumentare l'intensità dei flussi di trasferimento tecnologico verso il sistema delle imprese - alle agevolazioni previste da Marchi+3 per sostenere la valorizzazione dei titoli di proprietà intellettuale da parte delle micro, piccole e medie imprese. E ancora, il regime di tassazione agevolata su base opzionale dei redditi derivanti dall’utilizzo di alcune tipologie di beni immateriali, meglio noto come Patent Box e le iniziative nell’ambito del piano Industria 4.0.

Quel che conta, sottolinea quindi Ponticelli, è “accrescere presso le imprese italiane della tutela degli asset di proprietà intellettuale ed industriale, diffondendo una cultura proattiva e dinamica”. Allo stesso tempo, conclude, occorre “fare sistema per tutelare la proprietà intellettuale e industriale”.

Una difficoltà riscontrata spesso dalle imprese sta non tanto nella registrazione dell’idea, quanto nella sua commercializzazione, nota Loredana Rotondi, dell’area innovazione e competitività di Invitalia. Una misura nazionale che si è mossa in tal senso, riscontrando notevole successo, è Brevetti+, l’incentivo rivolto alle PMI che vogliono brevettare le proprie idee e valorizzarle sotto il profilo economico.

Proprieta' intellettuale: tutelare l'innovazione, dai marchi ai brevetti

Strategie di specializzazione intelligente e fondi UE

Di fronte a una smaterializzazione dell’economia, uno dei principali strumenti capace di descrivere il livello tecnologico delle imprese è proprio la proprietà intellettuale, nota Daniela Carosi, Componente del Nucleo di Verifica e Controllodel settore “Supporto ed accompagnamento dell'attuazione di programmi e progetti comunitari e nazionali” dell’Agenzia per la Coesione Territoriale.

Detto in altri termini, “la proprietà intellettuale permette di cogliere gli aspetti intangibili della strategia delle imprese”.

Carosi ha quindi ricordato il ruolo decisivo, spesso sottovalutato o poco noto ai più, delle Strategie di specializzazione intelligente (S3): elaborate a livello europeo e articolate, per l’Italia, in 21 strategie regionali ed una nazionale, le S3 creano nuove catene del valore che, partendo dalla ricerca e sviluppo, arrivano fino alla generazione di prodotti e servizi innovativi e allo sviluppo delle tecnologie abilitanti per la realizzazione delle successive generazioni di prodotti.

E sempre dall’Europa vengono una serie di risorse per l’innovazione, che possono essere impiegate anche per valorizzare la proprietà intellettuale. Carosi fa riferimento due programmi operativi nazionali per il periodo 2014-2020, che coprono due fasi della R&I: il PON Ricerca e Innovazione, che interviene con investimenti nelle prime fasi di Technology Readyness Level, e il PON Imprese e Competitività, che interviene fino alla fase di approdo al mercato e le cui risorse possono essere impiegate per la valorizzazione della proprietà intellettuale.

Open Innovation e Open Science richiedono nuovi strumenti

Gli strumenti ci sono, si tratta di adattarli ad un mercato in continua evoluzione. “Misure quali il credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo, insieme ad altri strumenti di incentivazione presenti in Italia, pongono il Paese tra quelli in cui e preferibile investire”, nota Nicoletta Amodio, dirigente ricerca e innovazione di Confindustria.

Ma non basta: “Le misure devono essere semplificate e diventare strutturali, permettendo alle imprese di pianificare le attività di ricerca e sviluppo, che non si fanno in un giorno”.

Inoltre, il tema della protezione si sta trasformando, e se prima si pensava a un brevetto legato al prodotto, ora lo scenario è cambiato e pone al centro le competenze. Le direzioni intraprese a livello globale sono quelle dell’Open Innovation e dell’Open Science, e richiedono un “adeguamento degli strumenti europei, nazionali ed internazionali”.

Riprende il binomio Open Innovation e Open Science anche Sesto Viticoli, vicepresidente dell’AIRI, associazione italiana per la ricerca industriale: “l'impresa è stata costretta a percorrere di gran carriera la strada dell'Open innovation. E’ necessario che la Pubblica amministrazione percorra quella dell'Open Science in modo deciso, approfondito e in stretta sinergia con il sistema privato”.

Allo stesso tempo le imprese italiane dovrebbero imparare a fare network: “Un'arma vincente può essere la rete d'impresa 4.0, soprattutto fra settori diversi”.

Concetto su cui concorda il vicedirettore di Dintec, consorzio per l'innovazione tecnologica di Unioncamere, Antonio Romeo, che suggerisce al contempo di favorire l'utilizzo dei brevetti esistenti, favorendone l'usabilità. E cita un progetto promosso da Unioncamere, CNR e COTEC “Vetrina dei brevetti” per favorire la valorizzazione sul mercato dei risultati della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico condotto dagli Enti di Ricerca e dalle Università.

Ma la tutela della proprietà intellettuale non è, e non dovrebbe essere, limitata al brevetto. “Si dovrebbero considerare anche altri strumenti: ad esempio la protezione del segreto industriale o la gestione della conoscenza tacita interna dell'azienda. Queste strategie dovrebbero essere complementari rispetto al processo di tutela classica, e permetterebbero di appropriarsi dei ritorni dati dagli investimenti in ricerca e sviluppo”, suggerisce Giovanni Zazzerini, segretario generale di INSME, International Network for SMEs.

Non solo incentivi: per le startup servono chiarezza e deregolamentazione

“Gli incentivi sono importantissimi, possono fare la differenza per la vita di una startup, ma è necessaria maggiore chiarezza”, sottolinea Adriano Bonforti, founder e CEO di Patamu, startup che ha lanciato una piattaforma per la tutela dal plagio delle opere di ingegno.

E non ci sono solo incentivi di carattere economico, il focus deve spostarsi sul miglioramento del panorama legislativo, in primis attraverso un’attenzione maggiore e più veloce al recepimento delle direttive UE a livello nazionale: “In Italia abbiamo un grande potenziale creativo, ma il carico da novanta che permette alle imprese di crescere è all'estero. Questo gap va colmato”.

L’esempio lampante, prosegue Bonforti, è dato dalla blockchain, tecnologia disruptive su cui si gioca una battaglia importantissima a livello europeo e globale: “Se italia non ascolta questa ondata di innovazione, le startup sono costrette ad andare all'estero”. Non a caso, negli ultimi anni il numero di brevetti riguardanti tecnologie legate alle blockchain è cresciuto esponenzialmente, soprattutto negli Stati Uniti, in Cina e nel Regno Unito.

Più critico sulla bontà degli incentivi Gianmarco Carnovale, presidente di Roma Startup: “Servono a facilitare soggetti che hanno le spalle larghe, ma non aiutano le startup, che sono soggetti deboli” che non possono accollarsi i costi, troppo alti, per depositare un brevetto, soprattutto se si tratta di un brevetto internazionale. “Dobbiamo entrare nella cultura della deregolamentazione, smetterla di essere autoreferenziali ed iniziare a rapportarci ad un mercato globalizzato”.

Proprietà intellettuale e comunicazione

Dalla vicenda dei tutor autostradali alle controversie Apple-Samsung. La tutela della proprietà intellettuale è un tema di grande attualità, come del resto dimostrano le cifre da capogiro del mercato della contraffazione.

“La contraffazione non solo è un reato, ma è una forma di impoverimento per il Paese”, ha ricordato Carlo Solimene, Primo Dirigente della Polizia di Stato, direttore della II Divisione Polizia postale e delle comunicazioni.

Decisive quindi non solo le operazioni delle autorità, ma anche le campagne di informazione e comunicazione. Campagne condotte a livello europeo da EUIPO, attraverso l’osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, che si pone tre obiettivi chiave: lo studio e la raccolta di dati che devono poi servire all'indirizzo delle politiche di protezione della proprietà intellettuale; lo sviluppo di strumenti per aiutare le attività di controllo e contrasto della contraffazione; le campagne di sensibilizzazione sul valore della proprietà intellettuale e l’impatto della contraffazione.

Fra queste, “Autenticittà”, un network di città europee che hanno deciso di impegnarsi nella sensibilizzazione dei diritti di Proprietà Intellettuale.

Anche Alessandra de Marco, direttore generale dell’ufficio informazione e comunicazione istituzionale presso il dipartimento Informazione editoria della Presidenza del Consiglio, ricorda l’importanza della comunicazione istituzionale nel contrasto al fenomeno della contraffazione. Comunicazione che, da un lato, può aiutare le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, “fornendo informazioni puntuali sulle opportunità offerte dalla registrazione di un brevetto, spesso sottovalutate”; dall’altro, può aiutare i cittadini, che sono poi i clienti dei prodotti contraffatti, che attraverso comportamenti virtuosi possono contribuire ad arginare il fenomeno”.

“La campagna di sensibilizzazione contro la contraffazione diventa quasi una battaglia di educazione civica ad ogni livello di articolazione territoriale”, sottolinea Francesco Tufarelli, direttore generale dell’ufficio Autonomie Regionali del dipartimento Affari Regionali della Presidenza del Consiglio.

Pirateria e Value Gap: le minacce alle imprese culturali e creative

C’è un settore in Italia che ha raggiunto un valore di 48 miliardi di euro, pari al 3% del Pil. Ma le cui potenzialità sono decisamente più elevate: siamo nell’ordine di un valore potenziale di 72 miliardi di euro e 530mila posti di lavoro.

Si tratta delle imprese culturali e creative, comparto che ha le carte in regola per trainare la crescita del Paese ma le cui opportunità di sviluppo sono ancora inespresse. La causa, secondo Paolo Agoglia, Direttore ufficio Legislativo e Rapporti Istituzionali di SIAE, è da ricercare nella costante minaccia rappresentata dalla pirateria e dal cosiddetto “Value Gap”, ossia la differenza tra il valore economico ad esempio di un brano e l’incasso riconosciuto ai produttori.

Minacce che provocano un danno complessivo per 8,3 miliardi di euro. Sul tema una grande battaglia si sta svolgendo a Bruxelles in questi mesi sulla riforma della direttiva Copyright, ricorda Agoglia, sottolineando l’insoddisfazione crescente degli autori e delle loro associazioni: “è sempre più difficile a livello UE trovare una soluzione al value gap. L’auspicio è che nel passaggio al Parlamento europeo il testo possa migliorare”.

Non solo contraffazione: lo spettro dell’Italian Sounding

“Anche la piccola azienda deve essere consapevole dell'importanza di tutelare il marchio se vuole competere sui mercati internazionali”, nota Fortunato Celi Zullo, del coordinamento marketing dell’Agenzia ICE, ricordando i corsi di formazione organizzati dall’agenzia e la rete dei Desk italiani per la Tutela dei Diritti di Proprietà Intellettuale e di Assistenza per gli Ostacoli al Commercio in cinque mercati strategici per le esportazioni italiane: Repubblica Popolare Cinese (Pechino), Federazione Russa (Mosca), Stati Uniti (New York), Turchia (Istanbul) e Giappone (Tokyo, solo per il settore agroalimentare in quest'ultimo caso).

Ma la contraffazione non è l’unico nemico delle aziende italiane: un tema caro al Made in Italy è il cosiddetto Italian Sounding, l'imitazione di un prodotto/denominazione/marchio attraverso un richiamo alla sua presunta italianità che però non trova fondamento nel prodotto stesso. Prodotti che, ricorda Celi Zullo, “non ledono nessuna norma, ma giocano sulla conoscenza del consumatore”.

Professionisti: basta giocare in difesa

A chiudere la sessione pomeridiana dell’IDEA Forum, il punto di vista dei professionisti. Fra gli intervenuti, Clarissa Fonda, presidente dell’Associazione sindacale dei notai del Lazio (ASNOL), Giampaolo Girardi, segretario dell’Associazione Agire e Informare e Luigi Troiani, Presidente dell’Associazione nazionale dottori commercialisti - Accademia di Roma.

Quest’ultimo ricorre a una fortunata metafora calcistica: “Mentre le grandi imprese lavorano in difesa, alzando barriere per tutelare l’innovazione che portano in campo, le startup innovative devono giocare d’attacco. Ma le startup vanno protette, non mortificate. Dobbiamo pensare in attacco, non in difesa”.