Professionisti divisi sull'attribuzione agli iscritti agli ordini di una serie di funzioni della PA, prevista dal Jobs Act per le partite Iva
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L'articolo 5 del disegno di legge in materia di Lavoro autonomo non imprenditoriale e articolazione flessibile del lavoro subordinato divide i professionisti, in questi giorni chiamati a intervenire in audizione in commissione Lavoro alla Camera. Mentre i rappresentanti degli ordini e dei collegi professionali salutano con favore la delega al Governo per l'attribuzione di una serie di funzioni della PA alle professioni ordinistiche, le professioni associative contestano l'esclusione dal provvedimento.
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Il tema sta attraversando tutte le audizioni organizzate dalla commissione Lavoro di Montecitorio e rappresenta il punto più controverso di un disegno di legge che in linea generale ha guadagnato soprattutto consensi. Seppure con diverse richieste di modifica, il Jobs Act per le partite Iva soddisfa infatti molte delle esigenze manifestate in questi anni dai lavoratori autonomi, dall'introduzione di agevolazioni fiscali per le spese di formazione all'estensione dell'indennità di malattia e del trattamento di maternità, dalla disciplina sui tempi di pagamento della PA alla tutela delle invenzioni dei lavoratori autonomi, fino alla protezione dalle clausole contrattuali abusive.
Meno lineare il quadro per quanto riguarda l'articolo 5 del ddl, che prevede deleghe al Governo in materia di rimessione agli iscritti alle professioni ordinistiche di una serie di funzioni della PA, come la certificazione, l'asseverazione e l'autentica.
Soddisfatte Alta Partecipazione e Confprofessioni, che però chiedono di fare in modo che alle nuove responsabilità corrispondano adeguate contropartite economiche, e il Comitato unitario permanente degli ordini e collegi professionali (CUP), che propone di individuare le funzioni sussidiarie da attribuire facendo riferimento alle tipicità delle singole professioni, in collaborazione con gli ordini di riferimento.