Piani individuali risparmio – PIR: decreto attuativo entro febbraio

|Norme|16 gennaio 2019

Piani individuali di risparmio - PIRI tecnici dei Ministeri dell'Economia e dello Sviluppo economico hanno avviato i lavori sul decreto attuativo della legge di Bilancio 2019 per la riforma dei PIR, i Piani individuali di risparmio.

La nuova circolare dell'Agenzia delle Entrate sui PIR

I nuovi PIR dovrebbero essere operativi entro febbraio. Lo annuncia una nota del Ministero dello Sviluppo economico, al termine della prima riunione sul decreto per l'adeguamento dei Piani individuali di risparmio ai vincoli introdotti dalla legge di Bilancio 2019 per favorire gli investimenti in start-up e PMI innovative.

I Piani individuali di risparmio

La legge di Bilancio 2017 ha introdotto agevolazioni fiscali dirette a incoraggiare gli investimenti a lungo termine nelle imprese e in particolare nelle PMI, attraverso i Piani di risparmio a lungo termine (PIR), cioè contenitori di strumenti finanziari di diverso tipo - azioni, obbligazioni, fondi comuni eccetera - sottoscritti da persone fisiche e mantenuti per almeno cinque anni, con un importo massimo dell'investimento pari a 30mila euro per anno solare, per un valore complessivo non superiore a 150mila euro.

Gli incentivi fiscali connessi ai PIR, introdotti con l'obiettivo di canalizzare il risparmio delle famiglie a sostegno del sistema imprenditoriale italiano, consistono nell'esenzione dalle imposte sui redditi derivanti dagli strumenti finanziari e dalla liquidità che concorrono a formare il PIR e dall’imposta di successione relativa agli strumenti finanziari che compongono il Piano in caso di trasferimento a causa di morte.

Precise condizioni regolano l'accesso alle agevolazioni, tra cui la residenza in Italia del titolare del PIR, l'esclusione della titolarità di più Piani in contemporanea, le caratteristiche degli intermediari finanziari e la composizione del portafoglio degli investimenti. Il 70% del valore complessivo deve essere infatti investito in strumenti finanziari emessi da aziende italiane o europee con stabile organizzazione in Italia e il 30% di questa quota obbligatoria deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri.

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