Chat with us, powered by LiveChatCorte di Giustizia: sentenze su permessi di soggiorno e aiuti di Stato - FASI
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Corte di Giustizia: sentenze su permessi di soggiorno e aiuti di Stato

|Novità
21 dicembre 2015

 Giustizia

Illegittimo il nostro sistema di contributi sui permessi di soggiorno. Sì agli interessi composti per i rimborsi degli aiuti

I contributi sui permessi di soggiorno in Italia sono illegittimi, perché tendono a disincentivare l’integrazione. Mentre sono pienamente in linea con le norme europee le nostre regole sul calcolo degli interessi composti, nei casi di recupero di aiuti di Stato. Sono questi, in sintesi, gli effetti delle due decisioni più rilevanti pronunciate questa settimana dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Avranno entrambe impatto immediato sul nostro sistema.

Permessi di soggiorno, il ricorso

Partiamo dalla questione del permesso di soggiorno. I giudici, sulla base di un ricorso presentato da Cgil e dal suo patronato Inca, erano chiamati a decidere se il contributo previsto in Italia per il rilascio del permesso di soggiorno sia compatibile con i principi fissati in sede comunitaria. In particolare, bisognava giudicare la compatibilità delle nostre regole con la direttiva del Consiglio 2003/109/CE. La questione, nello specifico, è stata sollevata dal Tar Lazio.

I costi in Italia

In base a un decreto del Ministero dell’Economia, infatti, nel nostro paese la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro. Si tratta di un livello che, secondo la denuncia del sindacato, vale nella migliore delle ipotesi circa otto volte il costo per il rilascio di una carta di identità nazionale (dieci euro). Un aggravio che non è giustificato dalle spese amministrative e che violerebbe i principi di eguaglianza, ragionevolezza e capacità contributiva.

La ricostruzione della Corte

Secondo la ricostruzione della Corte, la legge italiana va, allora, bocciata. Il motivo è che il costo è “sproporzionato rispetto alla finalità dalla normativa Ue e può creare ostacoli all'esercizio dei diritti”. I giudici, infatti, nella loro decisione spiegano che “l'obiettivo principale della direttiva è l'integrazione”. In questo senso, le nostre norme in materia non sono ammissibili perché tendono invece a limitare l’accesso di immigrati.

Serve un adeguamento

Inoltre, anche se gli Stati membri hanno un margine discrezionale per fissare l'importo dei contributi, secondo la sentenza “tale potere discrezionale non è illimitato”. E bisogna anche considerare che l'incidenza economica del contributo italiano può essere considerevole, dato che il rinnovo dei permessi deve essere pagato di frequente. Adesso il nostro paese dovrà adeguare le sue regole dopo lo stop della Corte.

Aiuti di Stato, sentenza A2A

L’altra sentenza importante è arrivata in materia di aiuti di Stato. Al centro della contesa c’erano i contributi erogati negli anni Novanta con la legge n. 142/1990 per tre anni a favore della multiutility A2A, tramite esenzioni e prestiti agevolati. In particolare, veniva analizzata la modalità di calcolo dei relativi interessi. Ad attivare la procedura è stato un ricorso avanzato dalla Corte di cassazione italiana.

Sì agli interessi composti

Secondo i giudici, deve essere giudicata ammissibile, in base al diritto dell’Unione europea, la normativa italiana che applica gli interessi composti al recupero di un aiuto di Stato: quindi, anche gli interessi producono a loro volta interessi, in questo caso. Quindi, la società A2A dovrà rimborsare non solo 170 milioni di euro a titolo di capitale, ma anche 120 milioni di euro a titolo di interessi composti. Il conto totale a carico dell’azienda sarà allora di poco inferiore ai 300 milioni di euro.

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