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Fondi europei, Gianni Pittella: "Una cabina di regia per lavorare insieme alle Regioni"

|Novità
17 gennaio 2011

PittellaIn un'intervista in esclusiva, disponibile anche in formato video, il vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella, affronta il tema cruciale dei fondi europei, del rischio di disimpegno automatico per l'Italia e propone la creazione di una cabina di regia che lavori in un'ottica interregionale. Ma non solo. Durante l'intervista Pittella affronta argomenti importanti come la promozione del Made in Italy e il rilancio delle pmi italiane.

On. Pittella, qual è la strada migliore per promuovere il Made in Italy?

Dobbiamo puntare sulla qualità dei nostri prodotti, senza finzioni. Il Made in Italy in realtà non è veramente Made in Italy, in quanto soltanto la fase di lavorazione è realizzata nel nostro paese. Parlare di Made in Italy significa falsificare la realtà e questo non ci aiuta ad affrontare la competizione internazionale. Una cosa è affermare e certificare che un vestito è stato realizzato dalla prima all'ultima fase a Biella, una cosa è dire il falso, se è semplicemente stato impacchettato in Italia e fatto in un paese in cui il costo del lavoro è più basso e dove la legislazione ambientale è più permissiva.
La proposta Versace-Reguzzoni, ad esempio, prevede che per fregiarsi del marchio Made in Italy solo alcune fasi della lavorazione debbano essere fatte in Italia. Questo, secondo me, è sbagliato.

A suo avviso come sta reagendo l'Italia alla crisi? E' d'accordo con l'ultimo monito di Tremonti?

L'Italia sta reagendo in maniera inadeguata. Il governo ha lavorato quasi esclusivamente sul versante del taglio della spesa, ma non in maniera altrettanto efficace per il sostegno alla crescita, all'impresa e alla domanda interna. Anch'io concordo con il taglio alle spese parassitarie, ma se si taglia soltanto e non si aiutano le famiglie monoreddito, coloro che hanno perso il lavoro e le pmi, si rischia di prolungare la crisi e la stretta del credito che ancora persiste. Se non diamo un po' di ossigeno all'economia, se non consentiamo alle famiglie di acquistare i beni primari e di fare la spesa, ci avviteremo in una spirale di depressione e di recessione che porterà l'Italia ad uno dei livelli più bassi della gerarchia mondiale.

L'S&D, (il gruppo di cui lei fa parte all'Europarlamento), si sta battendo per l'inserimento degli eurobond. Può motivare questa posizione?

Due anni fa, assieme all'eurodeputato Mario Mauro, sono stato colui che ha rilanciato l'idea degli eurobond, coniata anni fa da Jacques Delors, che consiste nell'utilizzare l'euro come leva per creare sviluppo. In questo modo l'Europa, oltre ad emettere una moneta, potrebbe emettere anche dei titoli di debito e i risparmiatori di tutto il mondo potrebbero comprare i bond europei. Da questo acquisto deriverebbe una massa finanziaria pari a circa mille miliardi di euro annui, utile a finanziare le grandi infrastrutture (autostrade, alta velocità ferroviaria, porti, interporti), la ricerca, la banda larga, la formazione, l'istruzione, le pmi, le fonti di energia rinnovabili e l'Erasmus universale, cioè un programma che aiuti i giovani, siano essi studenti, imprenditori, artisti, a viaggiare.

Dopo l'ingresso della Croazia, ritiene che l'UE debba aprirsi a nuovi paesi membri, continuando il processo di allargamento?

Sì, a condizione che contestualmente si rafforzi la capacità decisionale dell'UE. Ci sono allargamenti già programmati nell'area balcanica, che si trova in fase di adeguamento al cosiddetto "acquis communautaire" e c'è la Turchia, che da 35 anni persegue questo obiettivo. Sono favorevole all'ingresso della Turchia, nel rispetto di quei parametri che tutti gli altri paesi hanno dovuto acquisire per entrare nell'UE. Un'ulteriore bella sfida, non immediata, potrebbe consistere nell'estensione dell'allargamento alla sponda meridionale del Mediterraneo.

L'S&D è tra i promotori del rilancio del processo euro-mediterraneo. Anche lei è di questo avviso?

Il mio impegno si realizza sia a livello parlamentare, che come copresidente della Fondazione Meseuro, assieme all'on. Mauro, per consentire alle imprese, alle associazioni, agli enti locali e regionali di cooperare concretamente con i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo in settori cruciali come l'energia, la cultura, la formazione, il credito. Settori in cui una più intensa cooperazione potrà dare frutti positivi per l'Europa e per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Sono cristiano, m'impegno a favore del dialogo interreligioso e a sostegno del processo di pace. Durante le passate feste di Natale mi sono recato in Palestina con Mario Mauro per testimoniare la mia vicinanza ai palestinesi e agli israeliani che lavorano a favore della pace.

Nel 2011 si stima che il nostro paese debba spendere circa 10 miliardi di euro per non incorrere nel disimpegno automatico. Le difficoltà da questo punto di vista sono notevoli. Qual è il suo punto di vista al riguardo?

Bisogna accelerare la spesa e garantirne la qualità. Non si può polverizzare l'intervento finanziario europeo. Se si lascia che le risorse si disperdano su mille obiettivi non si consegue alcun risultato, soprattutto al Sud. La mia idea è quella di una cabina di regia centrale che, assieme ai presidenti di regione, decida le priorità. Se vogliamo intervenire sul deficit infratrutturale che c'è nel nostro paese, dobbiamo potenziare l'alta velocità, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, ma in un'ottica interregionale.

Quali politiche di sviluppo si dovranno prevedere per il Mezzogiorno nel prossimo periodo di programmazione, per cui ci sarà una consistente riduzione dei fondi UE?

Dobbiamo fare in modo che questi fondi non vengano ridotti, ma allo stesso tempo dobbiamo imparare a spenderli bene. Il Mezzogiorno sta subendo uno schiaffo dal governo centrale, ma non potrà fare la voce grossa fino a quando non avrà ammesso i propri errori e le proprie responsabilità. Per aprire un "nuovo corso" dobbiamo fare autocritica, riconoscere i nostri errori e riconfigurare il nostro ruolo nel Mediterraneo, rafforzando la logistica, lanciando un grande programma per l'energia da fonti rinnovabili, mettendo in rete le università.

In che modo possiamo valorizzare le pmi italiane e vincere la sfida della globalizzazione?

Bisogna puntare sull'innovazione dei processi e dei prodotti, sulla ricerca, sull'internazionalizzazione, sulla qualità del marchio, sulla formazione. Non credo che si debba costringere i piccoli e medi imprenditori a "diventare grandi", o a fondersi. Al contrario, si può mantenere la propria identità e la propria dimensione lavorando in una logica di "distretto". In Basilicata c'è un'esperienza interessante di distretto tecnologico, in cui ognuno conserva la sua identità, lavorando in rete. A questo va aggiunta la componente essenziale del credito e del sostegno pubblico, non in termini di sussidio, ma di sostegno allo sviluppo e di creazione di un contesto favorevole. In alcune regioni la competitività passa anche attraverso la lotta alla malavita, un cancro che, se non estirpato, tarpa le ali a qualsiasi progetto imprenditoriale.

Lei attualmente è vicepresidente del Parlamento europeo, dove è deputato dal 1999. Quali sono le sue prospettive per il futuro?

Mi sto misurando da undici anni con i temi europei. Questo mi consente di svolgere con competenza il ruolo di primo vicepresidente del Parlamento. Oltre a Meseuro, abbiamo promosso la Fondazione Zefiro, anch'essa a sostegno del Mediterraneo. Abbiamo lanciato inoltre un Barcamp su Internet per coinvolgere i giovani nella discussione dei temi cruciali per l'Europa, capovolgendo l'assunto che l'Ue debba prima decidere e poi informare i cittadini. Dobbiamo far sì che il cittadino decida assieme a noi e si senta integrato nel progetto europeo. Con il giornalista Marco Esposito, poi, sto pubblicando un libro verità dal titolo: "Il federalismo avvelenato". Così come sta emergendo ora, il federalismo punisce alcune aree del paese e illude il Nord di potercela fare da solo. Il Mezzogiorno, invece, può rappresentare un formidabile punto di forza per il Nord, a patto che riconosca i propri errori.

Secondo lei l'Unione Europea sta facendo abbastanza per rafforzare le regole dei mercati finanzari? Intravede una nuova Grecia o una nuova Irlanda all'orizzonte?

La creazione delle autorità di sorveglianza dei mercati, delle banche e delle assicurazioni è uno dei successi maggiori che abbiamo conseguito nella nuova legislatura. Bisogna poi garantire il meccanismo di intervento rapido in caso di dissesto dei conti pubblici di un paese, che mi piace chiamare "fondo monetario europeo". Secondo me, è possibile creare il fondo senza dover modificare il trattato di Lisbona. E' possibile che un altro paese vada in crisi, come nel caso della Grecia e dell'Irlanda. E' importante realizzare la governance economica attraverso il cosiddetto semestre europeo: nei primi sei mesi di ogni anno la Commissione Europea metterà a confronto le proposte di bilancio nazionale, darà le linee comuni ai governi e comincerà a costruire la "legge finanziaria europea". Quando ci arriveremo, potremo dire di aver fatto un grande passo avanti.

Come pensa possa influire la UE sull'evoluzione dello scenario politico italiano? Quali riforme ritiene siano urgenti e imprescindibili per l'Italia?

L'UE rappresenta un vincolo esterno formidabile, senza il quale i conti pubblici italiani sarebbero stati ancora più drammatici. Con i governi Ciampi, Amato e Prodi eravamo riusciti a portare su cifre accettabili il rapporto deficit/pil e il debito pubblico, ma oggi la situazione è nuovamente precipitata. Bisogna poi correggere lo squilibrio della crescita vicina allo zero e l'elevato tasso di disoccupazione.

Quali saranno le principali opportunità di sviluppo che l'UE potrà creare nei prossimi anni per il nostro paese?

L'UE deve dare gli strumenti e le politiche, ma sono i governi e le forze sociali a creare lo sviluppo. Sicuramente quando avremo la legge finanziaria europea si potrà intervenire in modo più incisivo a favore dello sviluppo, ma i governi, le regioni e gli attori sociali dovranno collaborare affinché gli imprenditori possano avvalersi al meglio delle opportunità offerte dall'Europa.

INTERVISTA VIDEO A GIANNI PITTELLA

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